Riflettori accesi sulla riforma del catasto, contenuta nel disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 ottobre.
È da anni che nel nostro paese si parla di riformare il sistema catastale. Sono stati molteplici
i tentativi di riforma, nel 1993, 1995, 1996 e 1998, ma nessuno è andato a buon fine. Solo in alcuni Comuni italiani, nel 2013, sono cambiate le rendite di alcuni immobili. A Roma, ad esempio, sono stati rivisti i valori catastali di 175 mila case, operazione che ha portato ad un incremento delle rendite di 123 milioni di euro. Al 2014 risale l’ultimo tentativo di revisione nazionale del sistema, che si è concluso con una nulla di fatto perché la legge delega è scaduta prima dell’approvazione dei decreti attuativi.
Semplificazione, equità, lotta ad abusivismo ed evasione fiscale tra i motivi alla base della tanto discussa riforma. L’attuale sistema catastale si fonda su estimi obsoleti che non rispecchiano il valore di mercato: poiché formulati alla fine degli anni ’80, tali estimi si basano su una divisione del territorio non adeguata, soprattutto nelle grandi città.
Cosa sono gli estimi?
Gli immobili iscritti al catasto sono classificati in categorie diverse sulla base delle caratteristiche del bene. A ciascuna categoria corrispondono differenti tariffe d’estimo, ossia coefficienti espressi in denaro. Moltiplicando le tariffe per la consistenza del bene – che comprende i vani catastali, la superficie e la volumetria – otteniamo la rendita catastale, cioè il reddito prodotto dal bene. La rendita catastale è la base su cui determinare l’importo effettivo di alcune tasse. Oltre all’Imu anche l’Isee, nonché tasse di eredità o donazione, imposte di registro, e in alcuni casi anche l’Irpef.
Al centro dei vari tentativi di riforma il passaggio dai vani catastali ai metri quadri e la semplificazione di molte categorie catastali, al punto di eliminare la separazione tra case popolari e di lusso con “immobili ordinari” e immobili speciali.
I due step del Governo: fotografare patrimonio immobiliare e il doppio valore delle case
In base all’art 7 del disegno di legge delega saranno due gli step che il Governo dovrà seguire nei prossimi anni.
Il primo step prevede la mappatura del patrimonio immobiliare esistente. Questa fase è stata definita operazione trasparenza, in quanto il governa dovrà dotarsi degli strumenti di controllo per:
- individuare gli immobili fantasma ed eventualmente correggere il classamento di immobili non censiti, compresi in categorie catastali errate che non rispettano la destinazione d’uso;
- identificare i terreni accatastati come agricoli ma divenuti edificabili;
- individuare gli immobili abusivi.
Perché è necessario rimappare il patrimonio immobiliare? Secondo le ultime stime sono circa 1,2 milioni gli immobili sconosciuti al Catasto e, nel 2020, su 100 case nuove quelle abusive hanno rappresentato il 17,7%.
Una volta terminata la mappatura del patrimonio, si procederà al secondo step, attuabile in cinque anni e disponibile dal 1° gennaio 2026, che presupporrà una revisione del catasto fabbricati. Ad ogni immobile verrà attribuito un doppio valore: oltre alla rendita catastale, sarà individuato il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base al valore di mercato. Cosa significa? Che la casa avrà un doppio valore: uno ai fini fiscali per calcolare le tasse, l’altro patrimoniale, che non inciderà sui tributi. Sarà inoltre previsto un adeguamento periodi dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in base alle condizioni di mercato di riferimento.
Per chi aumentano le tasse?
Anche se sono anni che si parla della necessità di riforma il catasto, il rischio di vedere aumentate le imposte è stato il maggior deterrente alla revisione del sistema. Tuttavia, sia il Presidente del Consiglio Mario Draghi sia il Ministro dell’economia Daniele Franco hanno assicurato che l’attuale sistema di tassazione non subirà modifiche nel breve periodo e che la revisione del sistema catastale, per il momento, serve a fotografare il patrimonio immobiliare esistente.
Quando sarà disponibile, dal 1° gennaio 2026, spetterà poi al governo di quell’anno decidere cosa fare dei dati raccolti. Nella legge delega si legge che le informazioni rilevate non saranno utilizzate “per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”. Se ci sarà un aumento di gettito, questo deriverà dall’individuazione degli immobili sconosciuti al Fisco e recuperando evasione su Imu e imposte sulle locazioni.